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Questo libro ha alle spalle una storia iniziata nel 1989 ad Avignone.
In quella occasione, il Festival ospitava tre spettacoli di Valère
Novarina e presentava l’intera sua opera, integralmente ripubblicata da
POL. La scoperta del ritmo della scrittura, della forza vitale
contenuta nelle invettive, negli sdegni, nelle esortazioni all’attore,
le idee che guidavano le scelte artistiche e lo sguardo che Novarina
rivolgeva a quel mistero rappresentato dal corpo dell’attore sono stati
l’origine di un incontro dal quale sono nate cinque traduzioni, ma
anche l’occasione di un lungo viaggio fra il francese e l’italiano, che
ha fatto affiorare le strutture insostituibili di ciascuna lingua e le
loro distanze feconde quanto definitive, quelle che nessuna traduzione
potrà mai colmare.
La riflessione sulla traduzione interroga il cuore della propria
lingua, rivelandone le ossature, le fragilità, le varianti. Ma anche
mettendone in luce le unicità e le insufficienze: ogni parola descrive,
ben oltre il suo significato, un contesto, che è culturale ma anche
emotivo. Ed ogni lingua ha alle spalle una terra e un popolo in
continua evoluzione. Così, appaiono le parole univoche o quelle dai
mille riflessi. Ed ogni traduzione cerca di restituire non solo il
senso – del quale è lecito chiedersi se sia realmente il vero soggetto
dell’opera – ma anche l’universo affettivo della lingua d’origine. L’Animale del tempo è nato dopo più di dieci anni di felice
lavoro con Valère Novarina, dopo letture, convegni, incontri e un
rapporto che si è arricchito di scoperte condivise e di confidenti
esplorazioni. Quando, in occasione della presentazione di Davanti alla
parola pubblicato da Ubulibri, Roberto Herlitzka ha letto al Teatro
Valle di Roma alcuni brani dei testi fino ad allora tradotti,
l’incontro fra la sua sapienza della scena e la ricerca di Novarina ha
dato a tutti noi desiderio di continuare. Così, nell’estate del 2001,
ha preso forma l’idea di creare uno spettacolo per Roberto Herlitzka
dall’Animale del tempo, del quale Valère Novarina avrebbe curato la regia ed io la traduzione e l’adattamento.
La sua realizzazione è stata pensata insieme a Jacques Le Ny che, dal
suo Atelier Européen de la Traduction di Orléans, rende possibile la
sovrapposizione di lingue e stili, tracciando un secondo percorso che
procede parallelo a quello della creazione.
Così, nel giugno del 2002, Roberto Herlitzka ha letto per la prima
volta il testo definitivo in italiano: un piccolo registratore fissava
il suo incontro con le parole, e il modo in cui egli ha saputo cogliere
il senso della corrente ritmica di Novarina ha spinto lo spaesamento
insito nel testo verso la creazione di una nuova forma. In seguito,
durante l’estate, con Novarina abbiamo ancora rivisto ed affinato la
traduzione, scegliendo e controllando ciascun passaggio. Abbiamo
ascoltato la risonanza di ogni parola nel teatro dei teatri, il
magnifico teatro di Epidauro nel quale la voce prende corpo, e scorre
da una scalinata all’altra senza perdere mai tono, assumendo anzi
sostanza nella qualità del suono. Fondamentale, infine, è stato il
contributo di Ferruccio Marotti nell’assicurare la realizzazione dello
spettacolo e la pubblicazione del testo. Il direttore del Centro Teatro
Ateneo e Jacques le Ny hanno creato insieme le condizioni affinché
Novarina ed Herlitzka potessero lavorare nello spazio e sul testo,
superando i mille impegni, le date mai precise, le difficoltà dei
luoghi.
Con L’Animale del tempo, che è la prima versione per la scena del Discours aux animaux, abbiamo pensato di ripubblicare qui due testi: la Lettera agli attori e Per Louis de Funès.
La Lettera agli attori, scritta in una notte durante le prove della
prima messa in scena dell’Atelier volant nel 1968, è la glorificazione
del corpo dell’attore e del potere generativo del linguaggio, inteso
come soffio vitale e come respiro della scena. Per Louis de Funès è stato scritto invece quando André Marcon provava L’Animale del tempo
ed è un omaggio all’attore e al suo funambolico gioco con la luce e con
la morte. Sono due testi dedicati all’attore che ritrovano adesso, alla
vigilia di una nuova creazione e di un nuovo viaggio fra le lingue e
nella parola, la loro forza originaria e la loro naturale collocazione.
Nella scrittura di Valère Novarina dall’ascolto e dalla visione nasce
una nuova forma di scrittura, fatta di suono, di spazio, di colore, di
movimento. La voce di Oum Kalsoum, gli affreschi di Paolo Uccello a
Firenze, le canzoni russe di Bielka, o di un muezzin a Istanbul, ma
anche la scoperta della “macchina attoriale” nell’ultimo Pinocchio di
Carmelo Bene a Roma o della scomposizione del gesto in Totò hanno preso
corpo in Novarina. Intuizioni formali, consonanze impreviste e segrete
fratellanze fra le arti hanno dato vita a un aleph che rivela tutte le
forme nello stesso momento. I suoi titoli contengono la stessa
improvvisa apertura: la lumière nuit è una luce che nuoce o notturna?,
devant la parole è una parola che si deve a qualcuno o di fronte alla
quale ci si trova? demeure fragile è una fragile dimora o l’esortazione
a persistere nella fragilità?
Valère Novarina porta in scena lo spettacolo della lingua. Ma è
interessante notare come nelle pagine critiche – ad esempio quando
descrive “Il Cristo morto” di Mantegna o il ponte del teatro Nô che
separa l’attore dal pubblico –, si abbandoni al suo sguardo visionario.
La lucidità della sua scrittura artistica cede il passo a slanci,
impeti e dolcezze impreviste solo nella scrittura critica. È l’arte
quindi ad essere soggetta alle restrizioni e ai controlli più attenti,
e nei testi teatrali Novarina non pare permettersi quelle libertà,
quegli involi e quei giochi che nelle pagine critiche rivelano in modo
imprevisto la ricchezza e la passione del suo sguardo.
Presentazione per l'edizione italiana di L'Animal du temps di Valère Novarina, L'animale del tempo, Bulzoni, Roma 2003. Con il concorso dell'Atelier Européen de la Traduction - Scène Nationale d'Orléans |
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