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Je suis sang, regia di Jan Fabre   PDF  Stampa  E-mail 

L'ordalia di Jan Fabre

AVIGNONE. È nato dalla sua anima fiamminga Je suis sang. Conte de fées médiéval, recita il sottotitolo. Spose in bianco, madonne nere, pelli coperte da armature d'acciaio, spade, metalli, veli. Si riconoscono le figure del giardino delle delizie di Hieronymus Bosch, seguite da quelle di Cranach e Brueghel, nelle posture dei corpi e nella fisicità delle immagini. Se le nuove incarnazioni dell'immaginario procedono orizzontalmente, contaminando per contiguità forme e modelli, Jan Fabre padroneggia il linguaggio e crea innesti verticali, che tengono conto della stratificazione dei saperi e delle immagini.Vasil’ev neutralizza i corpi e Medea è tragedia della parola

Je suis sang è stato creato per la Cour d'Honneur del Palazzo dei Papi. Fabre ha usato i muri, il vento, le pietre e la profondità del luogo, e il suo racconto è l'incarnazione di una antica ossessione: l'uomo è fatto di sangue e al sangue appartiene. Questo ripetono come un mantra incantatorio le figure in proscenio, chirurghi della storia divisi fra l'anima e la politica, vestiti di verde ambulatoriale con guanti di plastica e imbuti rovesciati in testa. Lo spettacolo si apre con un cavaliere in armatura che lotta di spada contro un nemico invisibile. Viene colpito più volte, cade e si rialza ferito, è una maschera di sangue. Dal medioevo nulla è cambiato, secondo Fabre: l'uomo è dominato dai suoi umori interni, e dipende dal corpo. Per questo il sangue sgorga sulla scena, macchiando gli abiti candidi, le candide mutande delle spose e i corpi nudi ossessionati dalla macchia. Rigenerante e fatale, carico di segni e purificatore, è impossibile lavarlo. Il sangue tinge persino le tavole d'acciaio che, unici elementi aggiunti alla scenografia della Cour, disegnano lo spazio scivolando su rotelle, divenendo macchine da guerra, tavoli operatori e muraglie di metallo. Jan Fabre da venti anni lavora con il corpo: esplora la scena, la pagina, le arti plastiche, creando forme e immagini che dividono il pubblico. Costruisce con membra e oggetti, parole e suoni, usa il colore come un materiale e crea corazze di coleotteri, sculture di scarafaggi, monumenti di ferro. Questo suo ultimo affresco liquido e rosso che tinge il Palazzo dei Papi, scandito dal latino e dal francese, è stato accolto come provocazione, oltraggio, gesto politico, scandalo: alla fine je suis sang risuonava sulle pietre del palazzo e dal pubblico qualcuno rispondeva: "Vous êtes sans pudeur!". Je suis sang. "Vous êtes sans vêtements!". Je suis sang. Ordalia rigenerante e coraggiosa, lo spettacolo è stato accolto come un trionfo e come uno scandalo, come teatro vivo che, dal palcoscenico più ufficiale del festival, getta nuovo sangue nelle vene del teatro.

Je suis sang di Jan Fabre/ Troubleyn, regia, scenografia e coreografia di Jan Fabre, con Tamara Beudeker, Katrien Bruyneel, Lisa-Maria Cerha, AnnabelleChambon, Cédric Charron, Sebastien Cneude, Anny Czupper, Els Deceuklier, Barbara De Conick, Danny Dupont, Lisbeth Gruwez, Margret Sara Gudjonsdottir, Heike Langsdorf, Yehudit Mezrahi, Apostolia Papadamaki, Dirk Roofthooft, Yaron Shamir, Dag Taeldeman, Geert Vaes, Maarten Van Cauenberghe, Jurgen Verheyen. Costumi : Daphne Kitschen, Jan Fabre. Luci: Jan Dekeyser, Jan Fabre.

L’Unità, 29 luglio 2001



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