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Tre sorelle, regia di Langhoff   PDF  Stampa  E-mail 


Al Théâtre de la Ville Matthias Langhoff ha messo in scena Tre sorelle di Cechov. Contrariamente alle sue abitudini, questa volta il palcoscenico non sottolinea con linee sghembe e piani impossibili l'impraticabilità del testo. Un interno borghese decadente in cui si respira la monotona e rassicurante ripetitività della vita di tutti i giorni ospita Masa, Irina, Sacha e i loro visitatori. L'immobilità della provincia, dove parlare tre lingue, aver studiato ed avere mezzi economici diventano motivo di infelicità, è resa dai continui, quasi caricaturali ed enfatici entusiasmi per tutto ciò che proviene da Mosca. L'arrivo di Verscinin (Jean Marie Frin) dalla capitale è accolto con esaltazione maniacale : tutti chiedono notizie della città e ricordano i bei tempi andati. Irina corre a chiamare il gioiello di famiglia, il fratello Andrej (Pascal Bongard). Eterno studente con un futuro di gloria alle spalle, Andrej appare sulla soglia della sua camera da letto come allegoria della provincia. Costruisce orribili cornici di conchiglie colorate per le sorelle, il suo è un dilettantismo perdente, la sua ignavia è fatale : tutto questo è raccontato subito dal brutto pigiama stropicciato e dalle pantofole tristi e comode.
Langhoff non ha tolto nulla del testo cechoviano ma ha sottolineato i limiti angusti e le ingenuità naïf e claustrofobiche delle esistenze spese in parole. Progetti, sogni, decisioni, fidanzamenti, riflessioni. Tutto passa nel fiume di parole vuote in cui nessuno crede. L'unico personaggio reale è Natalia (Laurence Calame), moglie di Andrej, che entra nella grande casa in punta di piedi ma con suole chiodate. Sciatta, schietta e stupida, riesce in breve tempo a rovinare la vita di tutti con capricci irremovibili. Naturalmente ha subito un figlio, che diventa re della casa con orari rigidi quanto sciocchi e grandiose inezie che lei non dimentica di raccontare. Per il neonato si spostano le camere, si cambia l'arredamento, si smette di ricevere. Si passa così dalla limitatezza della provincia all'esaltazione materna.
L'antico ordine affettuoso e claustrale cede il passo all'arrivismo senza scrupoli della mini borghesia che protegge i piccoli e condanna i fragili, licenzia i domestici e fa della vestaglia la corona di famiglia.
Nel frattempo i sogni si inpolverano, la speranza di andare a Mosca si trasforma in un ritornello pomeridiano, e i muri si sgretolano sempre più. Per addobbare la casa a festa le ghirlande stinte pendono lente a metà stanza senza gaiezza, e la vecchia domestica Anfissa (Emine Sevgi Ozdamar) si trascina lentamente su scale traballanti con un estremo sforzo d'obbedienza. Con la vecchiaia di Anfissa la decadenza è compiuta : Masa (Evelyne Didi) è in sottoveste nella notte dell'incendio, stremata dall'adulazione cieca di suo marito Kouliughine (Charlie Nelson) e pronta a concedersi un'avventura d'amore. Irina (Agnès Dewitte) decide di sposare il barone Tuzenbach (Yann Collette) che le si propone in pantofole, chiara allusione alla domesticità che il matrimonio annuncia, Olga (Christiane Cohendy) trasporta abiti e coperte da un piano all'altro per aiutare quelli più duramente colpiti dall'incendio e trasforma la casa in dormitorio provvisorio. Infine, Natalia assume la direzione domestica non tollerando più sprechi : vuol licenziare la fantesca troppo stanca e controllare personalmente i conti di casa. Qui la scena acquista l'inconfondibile cifra stilistica di Langhoff : diventa sghemba e lacera ogni proporzione reale. Andrej attraversa la scena con una carrozzina futurista e confessa il suo fallimento, Masa nel salutare Verscinin, divenuto il suo amante, scende da una scala altissima e corre verso di lui in un eccesso di furia. Pugni e pianti segnano la fine dell'ennesima illusione. Il barone Tuzenbach che l'indomani Irina avrebbe sposato senza amore ma con buona volontà e con il quale avrebbe costruito la nuova vita a Mosca, muore nel più stupido duello. Le casse del viaggio devono essere ridisfatte e tutto tornerà nella decadenza che attende la morte e lo sfascio di una classe già sostituita dal senso pratico e senza scrupoli della nuova classe rampante, incarnata da Natalia.

Sipario, luglio-agosto 1994


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