arrowhome arrow Gioia Costa arrow scritture arrow Le Temps et la Chambre, regia di Chereau - Amphitryon, regia di Gruber venerdì, 19 aprile 2024  






 
menu principale
 home
 il festival
 in repertorio
 - - - - - - -
 la notte delle donne
 i gesti di roma
 video
 galleria
 - - - - - - -
 contatti e prenotazioni
 - - - - - - -
 cerca
 crediti
 - - - - - - -
 l'associazione
 Gioia Costa
 traduzioni
 Face a face
 Premio Internazionale Maurizio Grande
 da Valère Novarina
 nuove iridescenze
 prefazioni
 incontri

Newsflash

Le Temps et la Chambre, regia di Chereau - Amphitryon, regia di Gruber   PDF  Stampa  E-mail 


LE TEMPS ET LA CHAMBRE di Botho Stauss, regia di Patrice Chéreau.

Che in una stanza si possa svolgere una vita intera è troppo frequente e troppo citato per essere un caso eccellente. L'interesse è invece come la vita vera, quella che scorre per le strade, nel cuore e nel cervello della gente, possa essere convocata in una stanza dalla fantasia e dalla forza di un singolo.
E’ quello che avviene, senza metafisica e senza compiacimenti, in Le temps et la chambre di Botho Strauss. Il pretesto è osservare ciò che accade agli altri, ma gli effetti sembrano un piccolo colpo di magia accettato da tutti. Se capita di avere tutti a portata di mano da una finestra aperta su una grande arteria, allora val la pena di guardarli e di saperne di più. Così, nella bella scena di Richard Peduzzi sfilano i passanti che sono improvvisamente catapultati dalla strada nella stanza senza saperne il perché. Salgono, attratti da un richiamo misterioso, e raccontano la loro vita.
Patrice Chéreau ha creato una situazione drammatica di alta concentrazione allentando tutti i rapporti della scena; non solo la grande sala è semivuota, occupata da un'enorme colonna forata, due sedie anni '50 e uno sgabello in proscenio, ma l’assenza di rapporti fra i personaggi fa di queste 'apparizioni' il frutto di una visione. Ruolo di primo piano ha Anouk Grinberg, giovane attrice capace di modulare lo stupore dall’attonito al malinconico senza dimenticare tutte le sfumature del patetico-ridicolo. Brava nella sua secca semplicità e nel suo appartenere completamente alla parte di chi non può appartenere a se stesso.
Accanto a lei Jean Pierre Moulin è il bruto seduttore di una ricca e ingioiellata signora di passaggio (Bulle Ogier), mentre i due abitanti della stanza (Bernard Verley e Pascal Greggory), si alternano accanto alla finestra passandosi un plaid per le gambe e scambiandosi i racconti della strada, e fanno posto di volta in volta ai nuovi arrivati. Sono capaci di una tragedia per un saluto mancato e fanno delle piccole ossessioni domestiche un capolavoro di nevrosi a due, di intolleranza domestica. Ma ritrovano un'intesa di fronte al loro teatro privato, che consente di vivere della vita degli altri.
Fanno della casa un carosello di apparizioni trattate come una giostra stregata che, ad ogni partenza, cambia i cavallini e le carrozze, nell'entusiasmo degli ospiti. Qui le comparse sono il giocattolo dei due uomini che da anni guardano la strada immaginando una vita più ricca e più vera di quella che alla fine ascoltano dalla bocca dei passanti.

AMPHITRYON di Heinrich von Kleist, regia di Klaus Michael Grüber.

Molto atteso, a conclusione del festival, l'Anfitrione diretto da Grüber. Un cast d'eccezione, che vantava nomi come Jutta Lampe e Otto Sander, non poteva che aumentare le attese.
Da Plauto a Molière fino a Kleist, la vicenda dell'amore di Giove per Alcmena ha suscitato varianti e aggiunte.
Kleist ha mantenuto solo lo spunto narrativo di Molière, capovolgendo le fasi della storia: il desiderio implacabile che porta il dio a travestirsi da Anfitrione per essere ricevuto come legittimo sposo dalla bella Alcmena, approfittando della assenza di Anfitrione partito in guerra, può permettere interpretazioni dell'amore, del desiderio e della fedeltà molto audaci.
Nella sua regia Grüber evidenzia la passione che permette ad Alcmena di abbandonarsi al dio credendolo il marito vincitore.
Su una piattaforma tonda e girevole, unica coreografia dell'intero spettacolo, Alcmena e il prode amante mostrano ogni profilo al pubblico, immobili manichini della regia.
L'atmosfera della pièce è tinta di colori pastello, nei costumi e nella gestualità statica e monumentale degli attori.
E' una commedia dal gusto dolce, coronata dalla nascita di due gemelli semidei, omaggio di Giove alla sua notte appassionata. Del dubbio e del rovello che torturano gli umani di fronte all'arroganza divina resta solo una fantasia. Il dio scompare fra le nubi che salgono oltre il sipario, accompagnato da tuoni e fulmini che illuminano a giorno il pubblico, lasciando alla vera protagonista dello spettacolo, Alcmena, il ricordo imperituro dell'amore celeste.

LES VOEUX DU PRESIDENT, di Jean Louis Benoit, regia dell'autore.

Questa non è una favola: durante il suo primo settennato François Mitterand è andato per sette volte nelle case dei francesi alla vigilia di Natale a fare i suoi auguri ad una famiglia. Queste visite erano trasmesse in televisione e tutti ascoltavano gli auguri del Presidente preparando la notte di festa. Erano visite brevi, nelle quali considerazioni sull'anno passato, bilanci e propositi per il futuro servivano da incentivo per il nuovo anno.
François Benoit ha scritto nel programma di sala: "Alla radio, in televisione, nei giornali, gli uomini politici ci parlano tutti i giorni. Senza che noi possiamo rispondere. La lingua di legno dei politici fa da specchio alla lingua di pasta molle degli ascoltatori. In questo spettacolo i discorsi costruiti, profondi e calmi del Presidente della Repubblica incontrano le frasi nulle, balbettanti e urlanti della famiglia Fournier. Chi pensa il mondo si rivolge a chi, senza saperlo, lo subisce. Appena pronunciate, le parole del politico scompaiono.
L'Eroico e l'Insignificante si sono incontrati..."
Nella scena assai fedele di interni mini-borghesi di Claire Chavanne, il Presidente immaginato da Benoit (Jean-Marie Frin) torna ogni anno nella stessa famiglia. E ogni anno ritrova l'albero di Natale su un mobile, il presepe che fa da radice all'albero, il cucù in finto legno, una palla di Natale sulle corna di un cervo appeso alla parete.
In principio, stupore e orgoglio paralizzano gli ospiti (Louis Mérino, Christine Pignet, Malika Labrume, Philippe Bombled e Frédéric Leconte), che si producono in inciampi e sorrisi stampati per far fronte alla situazione ed essere all'altezza dell'onore ricevuto. Assai rapidamente, però, la loro tenuta precipita: con il passare degli anni l'abitudine spolvera ogni riguardo e nell'ultima viglia del settennato, il Presidente non trova nessuno in casa. Non lo hanno aspettato ma, certi del suo arrivo, hanno lasciato in cucina una pentola per la cena della Repubblica.
Accasciato quanto esausto dei sermoni ai quali non crede più neanche lui, il Presidente avvicina uno sgabello al tavolo spoglio e addenta con le mani la cena.
Chiude il suo mandato sulla chiusura del sipario, lasciando un sapore amaro al pubblico che, dopo aver riso degli indubbi risvolti comici dello spettacolo, si accorge che non è poi una messa in scena.

"Sipario", 1991


visite
703172 Visitatori

utenti collegati
Abbiamo 1 visitatore in linea

 
top

Miro International Pty Ltd. © 2000 - 2004 All rights reserved. Mambo Open Source is Free Software released under the GNU/GPL License.
design by mambosolutions.com